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Il desiderio: la motivazione di tutti i nostri comportamenti

Desiderio: tutti sanno che cos’è, quando lo provano, seppur si tratti di un sentimento complesso, variabile e contraddittorio.

quadrifoglio e desiderio

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    L’origine della parola desiderio è una delle più affascinanti da studiare e nelle quali ci possiamo imbattere approfondendo l’etimologia. Questa parola deriva infatti dal latino e nasce dalla composizione della preposizione de, che in latino ha un’accezione privativa, e da sidus che vuol dire, letteralmente, stella. Desiderare pertanto simboleggia la mancanza delle stelle.

    Desiderio e bisogno

    In psicologia si è soliti distinguere il desiderio dal bisogno e, quando il bisogno è contrassegnato da prepotenza, incoercibilità e irrefrenabilità, si arriva a parlare di compulsione.

    Il desiderio si distingue dal bisogno in quanto manifesta tutta l’immaterialità dell’essere umano e necessita di una certa stabilità nel soggetto, la libertà e la capacità di vedere oltre l’urgenza immediata, e molto spesso egocentrica, del bisogno. Se il desiderio non viene riconosciuto e plasmato, c’è il rischio che venga confuso con facilità con il bisogno, essendo questo più semplice da colmare, ma anche più effimero e sfuggente. Questo meccanismo conduce verso una una saturazione che lascia perennemente insoddisfatti e vuoti. Da questa situazione si possono poi generare delle manifestazioni di devianza e distruttività che si ricollegano a quel vuoto interiore che l’individui ha cercato di riempire.

    Non necessariamente l’onnipotenza del desiderio ha un senso immaturo o regressivo, perché il desiderio richiede anche una capacità “di rivolgersi alle stelle”, verso un orizzonte molto più ampio di quello verso il quale di solito ci orientiamo. Educare il desiderio significa allora anche affidarsi a un mistero, a un rischio, a una sorpresa. Forse la forma più alta e impegnativa del desiderio è il nutrirsi di una mancanza, fare di ciò che manca il nutrimento.  Il desiderio non dipende solo da noi, esso ha una matrice relazionale, ha in sé qualcosa di misterioso… Non è un caso che non si sappia definirlo del tutto, poiché si riferisce ad una «sconosciuta realtà conosciuta», secondo la bella espressione di S.Agostino. Nel non sapere, sappiamo che questa realtà deve esistere.

    “C’è dunque in noi, per così dire, una dotta ignoranza: non sappiamo cosa vorremmo veramente, non conosciamo questa vera vita; e tuttavia sappiamo che deve esistere un qualcosa che noi non conosciamo e verso il quale ci sentiamo spinti.”

    Desiderio erotico e sessuale

    In psicologia il fulcro di ogni desiderio è rappresentato dall’assenza e dalla mancanza.

    Desiderare ha funzione riparativa, rispetto al dolore di questa mancanza, ed espressiva, che porta a cercare di ricreare ciò che abbiamo vissuto, la sensazione di benessere, di felicità e la soddisfazione che abbiamo provato in passato oppure che abbiamo immaginato.

    Dal punto di vista neurobiologico, il desiderio è espressione di una funzione cerebrale complessa, che induce il bisogno e il desiderio di comportarsi sessualmente. Può essere veicolato sia da stimoli interni al corpo di natura ormonale e psichica – come le fantasie sessuali e i sogni erotici  – ma anche da quelli esterni, mossi a partire dagli organi di senso che si attivano nel momento in cui incontriamo una persona che ci accende.

    Sappiamo bene che la razionalità, sul desiderio, può far poco, perché nell’evoluzione è nata per ultima: da qui nascono i molteplici hanno comportamenti sessuali rischiosi o addirittura autolesivi.

    In psicanalisi il desiderio erotico e sessuale che contraddistingue l’età adulta nasce dalla relazione primaria, ossia dalle cure materne che il bambino riceve durante la fase dell’infanzia. Le cure materne, in base alle ricerche di Freud, sono il prototipo dell’esperienza che si prova quando c’è un contatto fisico o una stimolazione delle parti del corpo.

    Questa relazione primaria sarà l’esempio che porterà con sé in ogni esperienza che il soggetto imparerà ad esprimere.

    Nel suo saggio “Relazioni d’amore. Normalità e patologia” (1995) Otto Kernberg si domanda quali siano le caratteristiche del desiderio erotico dal punto di vista della psicoanalisi. L’autore individua dunque alcuni tratti principali:

    1. in primis vi è la ricerca del piacere rivolta verso un altro individuo che si manifesta con il desiderio di penetrare e di essere penetrati. Si tratta di un desiderio di fusione, volto a superare la barriera di contatto e di diventare quindi un tutt’uno con l’altra persona, trasformandosi in una cosa sola. L’autore segnala anche che se la gratificazione erotica scaturita dalla stimolazione ritmica di certe parti del corpo e dal desiderio di penetrazione non è orientata verso il desiderio di fusione e di individuazione del piacere dell’altra persona, allora questo piacere e diviene un qualcosa di meccanico;
    2. un’altra caratteristica fondamentale del desiderio erotico è individuata nell’identificazione con l’eccitazione sessuale e il raggiungimento dell’orgasmo del partner, così da godere di due esperienze di fusione che diventano complementari. È curioso come l’autore ci indichi che nell’istante di fusione la persona vive la sensazione di essere sia uomo che donna, come se venissero valicati i confini tra i sessi.
    3. invadere i gli spazi e le barriere naturali del corpo dell’altra persona attiva anche un sentimento di aggressività contro l’altro, seppur piacevole perché inquadrata nella relazione amorosa. Il desiderio erotico, pertanto coinvolge la fantasia di abbandonarsi e di essere ridotti in schiavitù dall’altro come anche di essere carnefici del destino altrui;
    4. un’altra caratteristica, secondo Kerneberg del desiderio sessuale ed erotico si individua nella voglia di trasgressione e di sfida intrinseco in ogni relazione a sfondo sessuale. È come se, nel momento dell’incontro sessuale, si annullassero tutte le regole sociali che abitualmente proteggono e nascondono l’intimità del proprio corpo e di quello dell’altro. Quando poi il rapporto si conclude e le persone si rivestono, si ritorna alla vita quotidiana e quelle norme infrante si ristabiliscono naturalmente;
    5. Kernberg si focalizza anche su un altro fatto che consiste nell’idealizzazione del corpo dell’altra persona. L’autore ricorda diverse ricerche e approfondimento legate all’eccitazione che prova il bambino quando guarda e ammira il corpo materno. Questo stesso processo si verificherebbe nel rapporto sessuale da parte della donna, con un’idealizzazione – meno prorompente – del corpo maschile in una relazione sessuale soddisfacente.

    Per individuare il limite tra normalità e patologia, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) afferma che, nel parlare dei disturbi del desiderio erotico, non basta che sussista qualche inibizione della motivazione a vivere l’attività sessuale, ma è anche fondamentale che questa anomalia conduca a un: “notevole disagio o difficoltà interpersonali.”

    Il calo del desiderio e dell’attività sessuale, in effetti può arrivare per diverse cause che hanno a che fare con una libera scelta ideologica, religiosa, o di altra origine, come il caso della persona che decide di soffocare il desiderio in attesa di conoscere un partner adatto e soddisfacente.

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